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Un progetto di legge per promuovere l’imprenditoria femminile

Creare un fondo nazionale per l’imprenditoria femminile per rispondere alla «insufficiente presenza di donne nell’imprenditoria». É uno degli obiettivi della proposta di legge presentata dal Pd, prima firmataria Marianna Madia, ex ministra per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione nei Governi Renzi e Gentiloni. L’iniziativa vuole anche attualizzare la precedente esperienza legislativa e amministrativa all’attuale contesto e collocare la questione dell’imprenditoria femminile nella prospettiva del Next Generation Eu.

Ancora poche imprese al femminile in Italia

In Italia sono forti i ritardi sul fronte delle imprese a guida femminile. Dai dati della relazione al progetto di legge emerge che le imprese a guida femminile sono solo il 21,93% del totale di quelle iscritte nel Registro delle Camere di Commercio e ancora inferiore risulta il dato relativo «alle startup innovative a prevalenza femminile (13,5% del totale)», anche se con «tassi di crescita importanti in anni recenti, con un balzo da 17 imprese nel 2013 a 1.217 imprese nel 2018 e una spiccata predilezione in attività di informazione e comunicazione».

Il Covid ha frenato le donne imprenditrici

L’emergenza Covid, poi, con le necessità di cura familiari e le forti ripercussioni sui settori a maggior presenza femminile – ristorazione, turismo, commercio, artigianato di servizio – «ha frenato o rovesciato i segnali di crescita e rinnovamento in atto, con un impatto più che proporzionale sulla componente femminile». Nel trimestre aprile-giugno 2020 le nuove imprese femminili sono state 10mila in meno rispetto allo stesso trimestre del 2019. I dati Istat di aprile 2019 segnalano per le imprese femminili – 42,3% e per le imprese maschili – 35,2 per cento. La riduzione più consistente delle imprese femminili nel Centro Nord (-47%), mentre il Sud ha segnato – 35,2 per cento (dati Unioncamere 27 luglio 2020).

Nove articoli per promuovere l’imprenditoria femminile

Nove gli articoli della proposta di legge: nel primo, oltre ai principi generali, vengono delineati gli obiettivi dell’intervento in materia di imprenditoria femminile. Il secondo articolo individua le singole tipologie di iniziative finanziabili. Il terzo definisce il concetto di impresa femminile, il quarto istituisce il fondo definendo anche la sua dotazione finanziaria. Il quinto individua tra i possibili utilizzi, tre tipologie di incentivo per la nascita e il rafforzamento delle imprese femminili sotto la forma di contributo a fondo perduto e finanziamenti a tasso zero da affiancare a percorsi di assistenza tecnico-gestionale e mentoring. Il sesto prevede il coinvolgimento del fondo nazionale per l’innovazione nella gestione di una specifica facility dedicata alle startup innovative. Il settimo individua ulteriori possibili utilizzi delle risorse per programmi di diffusione della cultura d’impresa e di formazione imprenditoriale femminile. L’ottavo istituisce il Comitato per l’imprenditoria femminile, il nono delinea gli aspetti riguardanti la pubblicità e detta le disposizioni finali per garantire adeguata e tempestiva trasparenza dei lavori, obblighi di relazione annuale sulle attività condotte e traccia le successive deliberazioni necessarie all’operatività del fondo.

Le fragilità e i fattori di forza

I fattori di fragilità delle donne nell’impresa sono una minore propensione all’innovazione rispetto agli uomini (56% contro 59%), minori investimenti in tecnologie digitali di industrua 4.0 (19% contro 25%), minore internazionalizzazione (9% contro 13%), minore ricorso al credito bancario (il 46% si finanzia con capitale proprio o di famiglia). Ci sono, però, anche fattori di forza nelle imprese al femminile: attenzione all’ambiente, all’etica, al cambiamento climatico (31% contro 26% degli uomini), sensibilità al welfare (50% contro il 43%), maggiori iniziative verso salute e benessere dei propri lavoratori (72% contro 67%), rapporti più stretti con gli stakeholder del territorio (3,81% contro 3,58 per cento).

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