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“PINK GHETTO” DONNE SOCIAL MEDIA MANAGERS

Il social media manager è un lavoro “da donna”

Segnaliamo questo articolo di WIRED Italia

 Il social media manager è un lavoro “da donna” 

The Pink Ghetto, il ghetto rosa. 

Secondo l’analisi di Wired.com, una percentuale che viaggia tra il 70 e l’80% dei lavoratori dei social media si è auto-identificata come appartenente al genere femminile sul sito Payscale. I social media manager svolgono “quel lavoratori dietro le quinte, tra media e tecnologia, fondamentale per far progredire l’economia digitale“, secondo la definizione che ne ha dato Brooke Erin Duffy, Assistente Professoressa in Comunicazione alla Cornell University (stato di New York).

Secondo uno studio, pubblicato da Duffy e dalla ricercatrice dell’Università di Oxford Becca Schwartz su New Media & Society, la cui pubblicazione è prevista per all’inizio del prossimo anno, le aziende creano questo un divario di diversità pubblicizzando i social media come “lavoro da donne“. Le due hanno studiato 150 annunci di lavoro per determinare in che modo le aziende reclutano specialisti dei social media. Queste aziende – tra le quali BuzzFeed, Equinox e Thrillist – pubblicizzavano lavori che richiedevano che i candidati fossero socievoli, esibissero una gestione emozionale e flessibile (“ottimisti” e “gentili di cuore”): tutti tratti che, dice Duffy, sono tipicamente associati alle donne.

Ma c’è di più: questo processo che individua le donne come le migliori candidate sarebbe legato, secondo le studiose, a una “caratteristica invisibilità, retribuzione inferiore e status marginale” della professione all’interno dell’industria tecnologica. La coppia cita le statistiche di Payscale, secondo cui la paga media per uno specialista di social media sarebbe di 41mila dollari.

Ma questo, si converrà, è il prezzo (per l’Italia, sembra comunque fuori mercato) per il personale interno. Duffy, che l’anno scorso ha pubblicato il libro “(Not) Getting Paid to Do What You Love: Gender, Social Media e Aspirational Work” in primavera ha condotto altre 25 interviste con i gestori dei social media per comprendere meglio le dinamiche del lavoro. Lavoratori a contratto (se va bene), che spesso si occupano di più clienti alla volta. Il che richiama un’altra piaga dell’economia digitale, cioè la moderazione online, che spesso segue le stesse dinamiche di precarietà (da intendersi come moderazione esclusiva, cioè revisione dei contenuti).

Tornando agli annunci “professionali”, quel che è peggio, è che molti non descrivevano le mansioni come un lavoro, ma come divertenti hobby. Chiamate per inserimenti di livello base o tirocini, quindi con rimborsi (ma anche no). Le due ricercatrici hanno trovato annunci che facevano riferimento a lavoro di “socialità”  – che divertimento! E mica vorrai essere pagato, per divertirti – con offerte di ricompense in sconti o massaggi gratuiti (quando non entra un soldo, un bel massaggio rilassante può servire).

“Il presupposto era che questi lavori fossero estensioni di quello che le persone avrebbero fatto per divertimento in ogni caso”, dice Duffy. Per questo i candidati venivano incoraggiati a essere sempre online e personalmente appassionati dei marchi per i quali veniva offerto il lavoro. Una sorta di fedeltà di principio, così è più “facile” amministrare la presenza di un marchio agendo come un ambasciatore personale h24.

Ambasciatori che non portano pena, ma neanche gloria. I social media manager devono agire nella discrezione e nell’ombra, così come i moderatori e a differenza di chi si occupa delle pubbliche relazioni per conto di un’azienda. Muovono opinioni, influenzano visioni, ma non possono farsi vedere. Parlano a nome di una struttura e poi si sorbiscono i troll da soli.

Erin Duffy e Becca Schwartz suggeriscono che l’afflusso di donne a questi ruoli sia la ragione stessa per cui i salari e lo status restano bassi. Storicamente, quando le donne hanno fatto ingresso nell’ambito del giornalismo e delle pubbliche relazioni, a partire dalla fine del XIX secolo, la società hanno cominciato a sottostimare quei tipi di lavoro (o meglio, le loro lavoratrici). Allo stesso modo, continuano, quando le aziende usano un linguaggio al femminile nel reclutamento, stanno automaticamente svalutando la natura del lavoro.

In Cina, alcuni giganti della tecnologia sono stati accusati di sessismo nella compilazione degli annunci per la ricerca del personale: in quel caso, non si trattava solamente di una scelta del linguaggio che strizzava l’occhio alle caratteristiche comportamentali che si tende attribuire alle donne, ma si cercava espressamente una certa gradevolezza “da dea”. Resta un tratto comune: la differenza in busta paga.

 

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Di seguito indichiamo il regime fiscale per le SOCIAL MEDIA MANAGER (SMM)

REGIME FISCALE PER SOCIAL MEDIA MANAGER 

La Partita IVA con Regime Forfettario  e’ il regime consigliato per chi desidera diventare Social MediaManager (SMM),

i vantaggi sono i seguenti:

  • Esenzione dall’IVA
  • Esenzione dalla ritenta d’acconto
  • Aliquota Irpef Bassa. Si parte con il 5% per raggiungere il 15% dal sesto anno in poi. Il regime ordinario, invece, varia dal 23% al 42% in base alle fasce di reddito.
  • Semplificazione contabile: non vanno presentati gli studi di settore, non vanno registrate le fatture, non si deve presentare lo spesometro e altro ancora.
  • Apertura gratuita.

Le uniche tasse da pagare sono l’Irpef, come detta al 5% per i primi 5 anni e 15% dal sesto anno in poi, e i Contributi Previdenziali INPS, che si attestano al 25,72%.

Codici ATECO

  • 70.21.00 Pubbliche relazioni e comunicazione
  • 73.11.01 Ideazione di campagne pubblicitarie
  • 73.11.02 Conduzione di campagne di marketing e altri servizi pubblicitari

Una Social Media Manager svolge tutte e tre le attività: comunicazione, crea campagne, conduce campagne di marketing (se la gestione dei social è finalizzata alla vendita). Dunque, quale scegliere? Il consiglio è di preferire il codice 70.21.00, in quanto consente un margine operativo e strategico più ampio e, in prospettiva, di allargare il proprio business. La professione del Social Media Manager, infatti, è contigua a tante altre, non ultima quella del Digital PR.

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